C’è bisogno di grassi per bruciare i grassi

Esistono grassi buoni. Ovvero, grassi che ci aiutano a produrre energia e a mantenere l’equilibrio del nostro organismo, evitando i picchi di insulina.

L’ossessione occidentale sulle calorie –e la demonizzazione senza senso di tutti i grassi- ha fatto dimenticare alcuni elementi essenziali per la salute del sistema corpo.

Omega 3, acido oleico, acido eicosapentaenoico, sono essenziali sia per bruciare i grassi sia per tenere a bada l’insulina.

Alimenti come olive, mandorle, bianco dell’uovo, avocado, possiedono proprietà importanti a livello metabolico.

Ad esempio, gli acidi grassi polinsaturi Omega 3 stimolano la funzione dei mitocondri, i motori delle cellule e riducono la produzione di ROS, radicali liberi, nonché di tutte le specie reattive dell’ossigeno.

Siamo ossessionati dalle calorie ma nessuno pensa agli ormoni.

Ad esempio all’insulina, che regola fra le altre cose l’assorbimento del glucosio da parte delle cellule.

  • I grassi non hanno effetto sull’insulina e quindi non causeranno uno stimolo alla lipogenesi tramite la stimolazione dell’insulina.
  • I grassi rallentano l’ingresso dei carboidrati nel torrente circolatorio diminuendo la produzione di insulina. Più l’insulina è bassa, più è facile usare i grassi di riserva a scopo energetico
  • I grassi causano il rilascio di un ormone chiamato colecistochinina, un inibitore dello stimolo della fame.

Quindi togliere i grassi sostituendoli con i carboidrati altera il segnale ormonale che impedisce di consumare troppe calorie e stimola l’accumulo di grassi di deposito, aumentando il livello di insulina.

Ma quali sono i grassi “buoni”, ovvero quelli che ci aiutano nell’obbiettivo di bruciare i grassi?

Sono tutti grassi monoinsaturi, che riducono la secrezione di insulina.

Esattamente il contrario rispetto ai cibi pro insulinici: pane, pasta, amidacei (riso e patate), mais, alcune verdure come le carote cotte, alcuni frutti (uva, uva passa, banane).

Le proteine giuste, come ci suggerisce il dottor Massimo Spattini, medico chirurgo, specialista in medicina dello sport e scienza dell’alimentazione, sono tacchino, pesce, pollo, albume cotto, formaggio magro, tofu, roast-beef magro.

Attenzione agli Omega 6 e all’acido arachidonico!

L’acido arachidonico appartiene alla famiglia degli Omega 6 ed è un grasso polinsaturo.

Nell’equilibrio del nostro organismo, una presenza massiccia di questo acido porta a uno sbilanciamento infiammatorio.

Ogni aspetto della nostra fisiologia è sotto il controllo degli eicosanoidi, sostanze simil ormonali che esistono da circa 500 milioni di anni in natura e che si dividono in buoni (PGE1 anti infiammatori) e cattivi (PGE2 pro infiammatori).

L’acido arachidonico è precursore della PGE2 e va controllato.

Dove si trova? Nella carne rossa, nel rosso d’uovo, nelle carni lavorate e negli insaccati. Nell’olio di girasole, zafferano, soia.  Negli oli idrogenati solitamente indicati sulle etichette dei prodotti.

A impedire la cascata eccessiva di Omega 6 è un altro acido, Omega 3, che si chiama eicosapentaenoico (EPA) e aiuta il nostro corpo a mantenere l’equilibrio degli acidi grassi.

La partita della salute: il corretto equilibrio fra acidi grassi è 4-1

Il corretto equilibrio fra gli acidi grassi, ovvero fra arachidonico (Omega 6) e  eicosapentaenoico (EPA, omega 3) deve essere 4-1.

Nella nostra popolazione è circa 10-1 con livelli di 20-1 in Nord America. Ciò significa stato infiammatorio molto forte.

Ma se evitiamo i cibi contenenti acido arachidonico e limitiamo l’introito di Omega 6, non abbiamo molto bisogno di EPA (400 grammi al giorno, la miglior fonte è il pesce grasso, come il salmone).

D’altro canto, non è opportuno consumare troppi Omega 3, che essendo polinsaturi sono più sensibili ai processi di ossidazione alla base dei danni indotti da radicali liberi.

In questo delicato equilibrio dove nessun eccesso è consigliato, emerge il grande effetto benefico dei monoinsaturi: uno su tutti l’acido oleico!

Un grasso importantissimo: l’acido oleico!

Fra i grassi che bruciano i grassi l’acido oleico è importantissimo.

Esso è ormonalmente neutro, non ha effetti sull’insulina ed è gradevole al palato. Perciò, torniamo a olio di oliva, olive, mandorle, pistacchi e avocado.

Gli oli vegetali  sono alla base dello squilibrio 4-1

Olio di palma, soia, margarina, mais: ovvero gli oli che usiamo in cucina e che forniscono circa il 17% del totale energetico giornaliero nella società moderna.
Ebbene, la causa del rapporto sbilanciato e pericoloso fra Omega 6 e Omega 3 risiede soprattutto nell’uso frequente di questi oli prodotti a livello industriale. Al pari, risultano dannose le margarine.

Altri fattori fondamentali: vitamina D, C, coenzima Q10, zinco
La forte presenza di radicali liberi ha un ruolo nello sviluppo dell’iperglicemia e nei meccanismi insulinici.
Perciò la vitamina C con le sue enormi proprietà antiossidanti ha un effetto benefico sull’omeostasi dell’organismo. I dati presenti in letteratura mostrano un nesso fra la ridotta presenza di vitamina C a livello plasmatico e un aumento del rischio di diabete (Ashor, 2017).

Il ruolo prezioso delle vitamine e degli antiossidanti

La vitamina D risulta importante negli stadi di carenza al fine di migliorare la sensibilità insulinica e ottenere un più efficace controllo glicemico (Berridge, 2017).

Uno studio clinico randomizzato svolto nel 2019 ha mostrato che l’integrazione di Coenzima Q10, da solo o in abbinamento con vitamina E, ha avuto effetti significativi sulla glicemia a digiuno e sugli effetti dell’insulina (Izadi, 2019). Lo stesso concetto è stato ripreso da The Lancet più avanti.

Una serie di studi clinici randomizzati   (Wang 2019) , mirato a valutare gli effetti dello zinco sul diabete mellito, ha mostrato risultati interessanti: l’integrazione con zinco ha portato a una riduzione della glicemia a digiuno, una riduzione dei livelli di insulina a digiuno e valori inferiori di emoglobina glicata (ovvero, modificata dagli zuccheri).

Altri studi hanno mostrato che un’integrazione con il cromo riduce il fabbisogno di insulina nei soggetti con iperglicemia. La maggior parte degli studiosi concorda sul fatto che il cromo sia in grado di aumentare l’assorbimento del glucosio da parte degli adipociti e delle cellule muscolari scheletriche (Jamilian, 2020).

Un’altra sostanza importante per il controllo della glicemia si è rivelata essere l’acido lipoico.

Tanti carboidrati e pochi grassi: una via rischiosa!

Due studi condotti per 12 anni dal professor Walter Willett dell’Harvard School of Public Health hanno sintetizzato l’orientamento della ricerca, arrivando a una conclusione importante: la raccomandazione di consumare più carboidrati e pochi grassi è responsabile dell’aumento dell’obesità nel nord America. E il consumo di cibo ad alto indice glicemico favorisce obesità, diabete e malattie cardio vascolari.

Naturalmente, la variazione della risposta individuale ai carboidrati è legata al metabolismo: più basso è il grado di tolleranza ai carboidrati, meno efficiente sarà la metabolizzazione degli stessi.

Ma la risposta  può essere migliorata o peggiorata da stili di vita e abitudini alimentari, quindi dall’epigenetica.  Stress e mancanza di esercizio fisico, ad esempio, sono due fattori cruciali oltre agli alimenti!

15 minuti per conoscere le tue carenze alimentari e i grassi di cui hai bisogno!

Esiste un test in grado di leggere lo stato dell’intero organismo e di rivelarci in maniera scientifica la carenza di acidi grassi.

Ci può dire se mancano  acido arachidonico, docosaesaenico, eicosapentaenoico, oleico (Omega 9), Omega 6, Omega 3.

Ci può rivelarci le nostre carenze di vitamine e minerali e fare un check up di tutto il sistema antiossidante. Coenzima Q 10, vitamina C, vitamina E, zinco, selenio. Si chiama SDrive. 

 

 

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