Epigenetica: ciò che sta al di sopra della genetica

Vi siete mai posti la domanda sul ruolo dell’ambiente nel nostro genoma?! Se la risposta è no, credo che sia arrivato il momento di farlo.

L’ambiente ha un ruolo centrale perché ciò che noi, in quanto uomini, siamo non è solo frutto di tutto ciò che è scritto nei nostri geni, ma frutto di come questi geni vengono espressi e l’espressione genica, a sua volta, dipende da come i geni vengono “decorati” sotto l’influenza ambientale.
Le singole decorazioni prendono il nome di modifiche epigenetiche.
Ma andiamo con ordine.
Vi starete chiedendo cos’è l’epigenetica…

Con il termine epigenetica si fa riferimento allo studio dei processi molecolari che determinano una variazione nel livello di espressione dei geni senza che si alteri la sequenza nucleotidica (in quel caso si tratta di polimorfismo o mutazione); in questa categoria rientrano il grado di metilazione del DNA, le modifiche covalenti degli istoni (tra cui l’acetilazione), la trascrizione dell’RNA non codificante e il posizionamento dei nucleosomi.
I geni, a seconda del tipo di decoro che presentano, possono essere trascrizionalmente attivi o meno.
Il significato profondo di epigenetica è comprensibile sin dall’etimologia del termine, infatti epi sta per “ciò che è al di sopra” della genetica. Il termine fu introdotto per la prima volta nel 1953 da parte di Conrad Waddington per indicare tutti quegli eventi di sviluppo che portano dallo zigote all’organismo maturo- insomma tutti quei meccanismi che permettono, partendo dal solo materiale genetico, di plasmare un individuo in tutta la sua complessità.
Ma con il termine ambiente esattamente cosa intendiamo? Ambiente è una parola che si usa per indicare un vasto insieme di fenomeni che ci tocca da vicino. L’alimentazione ne è un esempio. Diversi studi hanno dimostrato come l’assunzione di alcuni cibi o bevande sia direttamente coinvolta nel grado di metilazione del DNA o di acetilazione degli istoni; in particolare nel vino (si potrebbero fare esempi per molti altri alimenti, come il cavolfiore) è presente il resveratrolo (un polifenolo) che funge da attivatore di enzimi che rendono trascrizionalmente attivi geni coinvolti in processi antiapoptotici, antinfiammatori e neuroprotettivi (se state pensando di aver trovato una scusa per giustificare il consumo di qualche calice di vino in più… beh sì lo è!). Insomma gli ultimi dati riportati in letteratura scientifica sembrano dare ragione al filosofo del materialismo tedesco Feuerbach “siamo ciò che mangiamo”.
Oltre all’alimentazione, i fattori rientranti nella definizione di ambiente sono lo stress, lo sport e il fumo.
Insomma non sottovalutiamo mai l’influenza che ha l’ambiente sul nostro genoma, perché sono l’ambiente e il diverso contenuto di RNA non codificante che possono spiegare come sia possibile che tra Homo sapiens e Drosophila melanogaster, nonostante non vi siano molte differenze in termini di numeri di geni, esistano grandi differenze nella morfologia e nel comportamento.
Epigenetica: la scienza che studia la regolazione dell’espressione genica
L’epigenetica è una branca relativamente giovane della genetica. Sembrerebbe, infatti, che l’ereditarietà non sia solamente ricollegabile al DNA come unica informazione genica tramandata dai genitori ai figli. Secondo uno studio pubblicato sulla rivista Science nel 2017, i fattori epigenetici permettono alle cellule di regolare la propria espressione genica senza che venga alterata effettivamente la sequenza del DNA. Questo rappresenta una decisiva svolta nel mondo della biologia perché significa che, sebbene i gameti siano epigeneticamente riprogrammati dopo la fecondazione per stabilire la totipotenza, i cambiamenti della cromatina indotti dall’ambiente nella linea germinale possono essere ereditati e influenzare la prole.

Ma cos’è l’epigenetica? Qual è il ruolo dell’ambiente sul nostro genoma?
Cos’è l’epigenetica
La parola epigenetica significa letteralmente “oltre ai cambiamenti nella sequenza genetica“. Il termine si è evoluto per includere qualsiasi processo che altera l’attività genica senza modificarne la sequenza del DNA, portando a modifiche che possono essere trasmesse alle cellule figlie.
Sono molti i meccanismi epigenetici che sono stati identificati, tra cui metilazione e acetilazione del DNA. Questi processi possono portare a una significativa modifica della cromatina. La cromatina è il complesso di proteine ​​(in particolare parliamo di istoni) e DNA in cui è organizzato il genoma cellulare. Questo complesso può essere modificato da sostanze come gruppi acetilici (in questo caso il processo è chiamato acetilazione), gruppi metilici, enzimi e alcune forme di RNA come microRNA e piccoli RNA interferenti. Questa modifica altera la struttura della cromatina e comporta un cambiamento nell’espressione genica. In generale, la cromatina maggiormente ripiegata tende ad essere non espressa mentre la cromatina più aperta è funzionale (o espressa).
Partendo da queste considerazioni, potremmo dire che il nostro corpo contiene differenti tipi di cellule che, nonostante abbiano uno stesso punto di partenza (tutte hanno lo stesso genoma), durante il loro sviluppo tendono a far “tacere” in modo selettivo un certo numero di geni. Questo silenziamento è regolato dai fattori epigenetici che permettono di dare differenti interpretazioni di quella che è, di fatto, un’unica informazione genica. Così possiamo dire che, in sostanza, l’epigenetica studia i cambiamenti nella trascrizione del nostro DNA che portano a sviluppare le tante differenze cellulari.
L’epigenetica va oltre il patrimonio genetico
Ognuno di noi ha un patrimonio genetico che viene conservato nel DNA. Fino a qualche anno fa si credeva che l’unità ereditaria fondamentale, ovvero il gene, venisse regolato per la sua attivazione o repressione solo durante lo sviluppo embrionale. Adesso, invece, sappiamo che la metilazione del DNA può cambiare anche nei neuroni maturi, dimostrando che ci sono segnali cellulari diretti dagli stimoli ambientali. Nei piccoli di ratto si è visto che alti livelli di cure materne corrispondono a una demetilazione del gene del recettore dei glicocorticoidi nell’ippocampo, con un incremento a lungo termine dei livelli di trascrizione. Questo comporta che nell’adulto ci siano maggiori quantità del recettore e ciò si traduce in un fenotipo caratterizzato da ridotti livelli di stress.
Un altro interessante esempio dell’importanza dell’epigenetica risiede nello studio sociobiologico delle formiche appartenenti a diverse caste: in questo studio somministrando inibitori di HDAC di classe I e II è possibile fare in modo che le formiche che appartengono alla casta dei soldati adottino invece il comportamento tipico delle formiche operaie. Questo cambiamento è inoltre influenzabile dall’età: la somministrazione della sostanza a formiche già adulte, infatti, non provoca alcuna alterazione del comportamento. Questo perchè esiste una “finestra di vulnerabilità epigenetica“, evidentemente legata al periodo di massima plasticità cerebrale.
Nell’uomo i fattori ambientali che possono influire sullo stato epigenetico possono essere divisi in: alimentazione, ambiente socio-economico, trattamenti farmacologici e abitudini di vita.

Grazie all’avanzamento della biologia oggi abbiamo a disposizione una mappatura del genoma umano che ci ha fornito molte informazioni. Nonostante ciò, processi legati al differenziamento cellulare, all’espressione genica e alla comparsa dei tumori restano ancora “inspiegabili”.

Nel dicembre 2005 un gruppo di 40 scienziati internazionali ha proposto un progetto dal nome “Human Epigenome Project” in cui, in aggiunta ai dati relativi alle sequenze di DNA, molta attenzione fu rivolta al profilo della metilazione del DNA, che è implicata in alcuni tipi di cancro. L’obiettivo del progetto statunitense è stato quello di mappare in modo completo la metilazione e le modificazioni istoniche, le due classi principali di modificazioni epigenetiche, in un insieme diversificato di tessuti normali. Questi epigenomi servirebbero, quindi, come riferimento per il confronto con i tessuti malati. In questo modo l’epigenetica può rivelarsi più importante della genetica per comprendere le cause ambientali della malattie.
Stato attuale e futuro dell’epigenetica

Le prove accumulate da diversi studi indicano che molti geni, malattie e sostanze ambientali fanno parte del quadro epigenetico. In particolare, i “segni epigenetici” subiscono una deriva significativa durante l’invecchiamento (di questo si è parlato approfonditamente nell’intervento al BergamoScienza della dottoressa Blackburn). Questa perturbazione può, in qualche modo, portare alla perdita dei punti di riferimento della cromatina causando, poi, malattie che sono sempre più associate all’avanzare dell’età. Di fatto, avviene una perdita del normale equilibrio tra il meccanismo di regolazione e la plasticità fenotipica di risposta ai segnali ambientali interni ed esterni. Una migliore comprensione della deriva epigenetica, soprattutto quando associata all’età, ci consentirà di manipolare l’epigenoma: queste sono enormi promesse che potrebbero, in futuro, portare alla prevenzione e a un migliore trattamento delle malattie.
Questi studi hanno avuto importanti riscontri anche in ambito psicoterapeutico. In particolare, dagli studi sui disturbi del neuro-sviluppo è noto che il sistema nervoso sia sensibile agli stimoli ambientali che, nella loro interazione negativa, possono essere la causa di problematiche ricollegabili al linguaggio, alla comunicazione, all’apprendimento, all’attenzione e all’iperattività. Proprio in questo contesto si inserisce la chiave di lettura dell’epigenetica.
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