Epigenetica, una nuova mappa per la prevenzione

Epigenetica, una nuova mappa per la prevenzione : lo studio dei fattori che possono influenzare e condizionare la nostra salute , la qualità della vita ed il benessere .

Vi piace stare sdraiati ore al sole, adorate abbuffarvi a pranzo e a cena e non vi siete ancora decisi a spegnere l’ultima sigaretta? Sappiate che dalle vostre abitudini di vita dipende il vostro destino. A dirlo è una scienza, l’epigenetica, nuova e potente frontiera della ricerca biologica, che studia come l’ambiente e la storia individuale influenzano l’espressione dei geni contenuti nel DNA di ciascuno di noi


Guardatevi la mano: quelle che vedete in superficie sono cellule epiteliali. Pensate alla struttura di un neurone: le sue numerose ramificazioni consentono la trasmissione di informazioni dal cervello agli organi e viceversa. Immaginate un globulo rosso: la caratteristica forma a disco biconcavo permette il trasporto dell’ossigeno dai polmoni verso i tessuti. Secondo voi cosa hanno in comune queste cellule morfologicamente e funzionalmente così diverse tra loro? Tutte hanno origine da cellule madri con lo stesso materiale genetico. Nel processo di differenziazione, però, queste cellule utilizzano il DNA in modi differenti, accendendo alcuni geni e spegnendone altri.

La branca della biologia che studia i segnali che inducono una cellula a esprimere certi geni piuttosto che altri, si chiama epigenetica. Con la nascita dell’epigenetica la convinzione per cui siano soltanto i geni a determinare il destino biologico di ciascuno di noi è caduta per lasciar spazio all’idea che siamo molto più spesso noi a influenzare il comportamento delle nostre cellule attraverso lo stile di vita, l’alimentazione e persino i pensieri e le emozioni.

Considerate, per esempio, i gemelli omozigoti. Alla nascita, il DNA dei gemelli è indistinguibile. Tuttavia, l’espressione dei geni cambia in base alle abitudini che adottano (vita sedentaria, fumo, dieta, droghe, farmaci, ecc.) rendendoli nel tempo due persone completamente differenti [A.H.C. Wong et al., Phenotypic differences in genetically identical organisms: the epigenetic perspective, Human molecular genetics, 2005; 14: R11-R18]. Oppure l’ape regina, geneticamente identica alle api operaie, ma la cui dieta a base di pappa reale permette lo sviluppo delle ovaie e di un addome adatto ad accogliere le uova, diversamente dalle api operaie che, non nutrendosi di pappa reale, rimangono sterili [F. Lyko et al., The Honey Bee Epigenomes: Differential Methylation of Brain DNA in Queens and Workers, PLoS Biology, 2011; 9(1)].


 

 


Vi starete domandando come è possibile che questo accada? I cromosomi sono costituiti per metà da DNA e per metà da proteine regolatrici. Finché i geni sono coperti da queste proteine non possono essere letti, il che equivale a dire che non si attivano. È come un libro chiuso che nessuno può leggere. Perché il libro possa essere letto c’è bisogno di qualcuno che lo apra e lo sfogli. Allo stesso modo, per attivare un gene, c’è bisogno di segnali che, modificando il DNA senza alternarne la sequenza, spingano la proteina regolatrice a staccarsi dalla doppia elica, permettendo così la lettura e l’attivazione del gene.

Se da un lato questa plasticità per cui l’espressione genica si adatta al mutevole ambiente in cui viviamo aumenta le nostre chance di sopravvivenza, dall’altro può avere effetti a lungo termine che solo recentemente abbiamo iniziato a comprendere. La gran parte delle persone che vengono al mondo nascono con un patrimonio genetico che gli consentirà di vivere una vita sana e felice. Quindi, le patologie comuni del nostro tempo come il diabete, il cancro, le malattie autoimmuni, degenerative e cardiovascolari sono causate da alterazioni epigeneticheinnescate dall’ambiente. Naturalmente esistono patologie che dipendono dalla trasmissione di un gene difettoso come la Corea di Huntington, la fibrosi cistica o la beta talassemia ma i disturbi attribuibili a fattori genetici ereditari colpiscono meno del 2% della popolazione.

Un importante studio della Duke University, pubblicato nel 2003, dimostra che nei topi un ambiente modificato riesce addirittura ad annullare le mutazioni genetiche [R.A. Waterland et al., Transposable elements: targets for early nutritional effects on epigenetic gene regulation, Molecular and Cellular Biology, 2003; 23: 5293-5300]. Gli esperimenti sono stati effettuati su una specie di topi dal nome Agouti. Questi topi con il pelo giallo sono obesi, predisposti geneticamente al cancro, al diabete e alle malattie cardiovascolari. Alle madri gravide portatrici del gene anomalo Agouti è stata somministrata una dieta arricchita di un integratore alimentare ricco di acido folico, vitamina B12, betaina e colina. I risultati di questa ricerca sono sorprendenti: le madri a cui sono stati somministrati gli integratori hanno partorito topolini sani con il pelo marrone, nonostante portatori dello stesso gene difettoso della madre. Le madri che non avevano assunto gli integratori hanno partorito, invece, topolini obesi, dal pelo giallo e diabetici. Questi risultati portano con sé due interessanti conclusioni: la buona notizia è che un paesaggio epigenetico con effetti negativi non è necessariamente immutabile, la cattiva è che la dieta può influenzare l’espressione genica già durante la vita fetale.

Non solo, ma ulteriori studi hanno dimostrato che le modifiche apportate dall’ambiente possono essere trasmesse alle generazioni future nello stesso modo in cui vengono trasmessi i geni. Nel ravanello selvatico, per esempio, le spine compaiono quando i bruchi attaccano la pianta. Nelle generazioni successive le spine continuano a crescere, anche se non c’è più traccia di bruchi: l’esperienza della pianta progenitrice è diventata ereditaria [L.M. Holeski et al., Transgenerational defense induction and epigenetic inheritance in plants, Trends in Ecology and Evolution Trends in Ecology and Evolution, 2012; 27, 618-626]. Se lo stesso fenomeno si verifichi anche nell’uomo è ancora oggetto di dibattito. Al momento, le informazioni più interessanti derivano da uno studio svedese [M.E. Pembrey et al., Sex-specific, male-line transgenerational responses in humans, European Journal of Human Genetics, 2006; 14: 159-66]. Recuperando i dati sui raccolti e le carestie che, nel corso di duecento anni hanno caratterizzato una piccola e isolata comunità svedese, i ricercatori hanno messo in luce un chiaro collegamento tra la dieta degli avi e lo stato di salute dei nipoti. In particolare, la dieta che i nonni hanno seguito durante la vita ha influenzato la predisposizione dei nipoti a diabete e malattie cardiovascolari.

Riflettete ora come tutto ciò possa avere una ripercussione molto significativa sul senso di responsabilità personale di come affrontiamo la nostra vita, visto che ogni scelta che facciamo avrà conseguenze non soltanto su di noi ma anche sulle generazioni future. L’epigenetica potrebbe, quindi, aprire le porte alla comprensione della genesi della patologie e, al tempo stesso, alla comprensione di come gli stili di vita influenzano il nostro materiale genetico. Se è vero, inoltre, che alcune malattie sono puramente epigenetiche allora presto potrebbe cambiare radicalmente il modo di curarle: si potrebbero utilizzare farmaci in grado di ripristinare l’espressione genica corretta, oppure individuare sostanze o alimenti noti per il loro effetto sul paesaggio epigenetico.

 

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