Troppi carboidrati influiscono sulla tua espressione genetica? La risposta è si.

I cibi con alto indice glicemico influenzano l’espressione genetica: in particolare, incidono sulla metilazione del DNA. 

In pratica, la percentuale di carboidrati nella dieta, influenza il modo in cui le istruzioni genetiche contenute nel DNA vengono lette e tradotte in proteine!

La conferma viene da una ricerca, condotta dal Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione dell’I.R.C.C.S. Neuromed e rappresenta un passo in avanti per comprendere meglio i rapporti tra alimentazione e patologie degenerative.

La ricerca del Neuromed, pubblicata sulla rivista scientifica Clinical Epigenetics, esplora un aspetto innovativo: l’effetto che indice glicemico e carico glicemico hanno sulla metilazione del DNA, un meccanismo importante di regolazione delle informazioni genetiche.

Cos’è la metilazione del DNA?

La metilazione del DNA è un meccanismo che, tramite il trasporto di metili, consente alle cellule di regolare l’espressione genetica e perciò di controllare i processi che sono alla base della vita.

Il nostro organismo trasforma continuamente i vari composti in altre sostanze, di cui ha bisogno per funzionare. La metilazione è solo un dei modi in cui questi cambiamenti si verificano.

La metilazione ha un forte impatto sull’organismo, un impatto che inizia a livello più di base, l’espressione, o attivazione, dell’acido desossiribonucleico (DNA) – il materiale genetico presente in tutte le cellule viventi.

I gruppi metile si attaccano al DNA per offrire protezione contro l’espressione dei geni responsabili di molte malattie, compreso il cancro. La metilazione del DNA sembrerebbe svolgere un ruolo importante non solo nella soppressione dei difetti del DNA, ma anche in termini di longevità.

In effetti, la dimetilazione del DNA- la perdita dei gruppi metilici – sta iniziando ad essere considerata come un significativo elemento del processo di invecchiamento. 

La metilazione è importante anche per la produzione delle proteine interessate allo sviluppo della muscolatura, per il metabolismo lipidico, per una corretta funzionalità epatica e per la formazione dei neurotrasmettitori – le sostanze chimiche che mandano i segnali necessari ai nervi e al cervello – e per la produzione degli ormoni a ciò collegati.

Le sostanze coinvolte nel processo di metilazione aiutano l’organismo a difendersi contro quasi tutte le condizioni per cui è consigliabile l’assunzione di antiossidanti. Per esempio, nel caso di cardiopatie, esistono prove convincenti che una migliore metilazione possa ridurre la produzione di omocisteina, – una aminoacido di natura tossica, risultato del metabolismo della metionina – riducendo quindi il rischio di danni alle arterie e ad altri vasi sanguigni.

Tra i vantaggi offerti dai donatori di metile, abbiamo la protezione nei confronti di tumori, malattie cerebrali e quelle del sistema nervoso, disturbi epatici ed invecchiamento.

Carboidrati e metilazione del DNA: l’impatto dell’epigenetica

La scienza epigenetica ci dice da anni che il DNA non è il nostro destino: “epi” significa infatti “oltre”. Oltre il 90% dell’espressione genetica è determinato infatti dall’ambiente, ovvero come mangiamo, viviamo, pensiamo.

Lo studio è stato condotto sui partecipanti al Progetto epidemiologico Moli-sani.

“I nostri risultati – dice Fabrizia Noro, ricercatrice del Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione, prima autrice del lavoro scientifico insieme a Federica Santonastaso – hanno messo in evidenza come il consumo di una dieta ad alto indice e carico glicemico sia associato con un livello più basso di metilazione globale del DNA”.

La metilazione globale è un fenomeno che si riduce con l’avanzare dell’età.

Ridotti livelli di metilazione risultano correlati sia con lo sviluppo di neoplasie che con malattie neurodegenerative e cardiovascolari.

“La nostra osservazione che un’alimentazione ad alto indice e carico glicemico – continua Noro – correla con i processi epigenetici, ci offre la possibilità di comprendere meglio l’aumento o la diminuzione di rischio per determinate patologie.

È interessante inoltre sottolineare che abbiamo riscontrato negli uomini da noi studiati livelli di metilazione globale, tre volte inferiori che nelle donne, naturalmente a parità di indice e carico glicemico della dieta. Questa è una osservazione che ben si inserisce nel crescente interesse scientifico per la medicina di genere”.

“L’epigenetica – commenta Licia Iacoviello, Direttore del Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione e professore di Igiene e Salute Pubblica all’Università dell’Insubria di Varese e Como – sta assumendo un ruolo sempre più importante nello studio di come le abitudini di vita possano influenzare, in positivo o in negativo, il rischio genetico di essere colpiti da alcune patologie.

La differenza tra salute e malattia deriva dal complesso rapporto tra il nostro DNA, la cui struttura è immutabile, e le condizioni ambientali, come l’alimentazione, che ne possono alterare l’espressione funzionale. Studi come questo ci permetteranno di capire a fondo questi meccanismi”.

Carboidrati: la differenza fra indice e carico glicemico

Il termine “indice glicemico”  indica la velocità con cui i carboidrati di un alimento causano un aumento dei livelli di zucchero nel sangue, mentre “carico glicemico”  tiene conto anche della quantità di carboidrati contenuti nell’alimento stesso.

I rapporti di questi due parametri con la salute vengono studiati sempre più approfonditamente.

Ad esempio, gli alimenti con un alto indice glicemico sono stati associati a un maggiore rischio di malattie come il diabete di tipo 2, l’obesità e le malattie cardiovascolari.

Favorire la metilazione del DNA con SAM-e: adenosilmetionina sotto forma di integratore 

La S-adenosil-L-metionina (SAM-e) è un composto naturale prodotto dall’organismo, di primaria importanza per il funzionamento corretto di almeno 40 principali serie di reazioni biochimiche (cicli biochimici, ovvero processi chimici all’interno dell’organismo) e indirettamente coinvolto in molti altri.

Tra le funzioni svolte dalla SAM-e a livello di organismo abbiamo, tra le altre, il contributo dato nella sintesi (produzione) dei neurotrasmettitori cerebrali, la sua azione in qualità di coenzima (cofattore) in molte reazioni di natura chimica; la stretta collaborazione con altri nutrienti per migliorare lo stato di salute del fegato e, infine, il ruolo svolto come “donatore di metile”, ovvero la cessione di un gruppo metile (unità dei composti chimici organici) ad altre sostanze per andare incontro agli specifici bisogni dell’organismo.

La sintesi di SAM-e avviene quando l’organismo combina l’aminoacido essenziale metionina, ricavata da fonti alimentari o da dagli integratori dietetici, con l’adenosin trifosfato (ATP), la principale molecola energetica dell’organismo.

La quantità di SAM-e a disposizione dell’organismo, come peraltro vero per molti importanti nutrienti, diminuisce con l’età. Basse concentrazioni di SAM-e sono state legate a patologie quali l’osteoartrite (osteoartrosi), la depressione, la fibromialgia, molti disturbi di natura epatica, le emicranie, oltre che l’apprendimento legato all’età e a mancanza di memoria. Fortunatamente, si è visto come l’integrazione di SAM-e sia in grado di migliorare tutte queste patologie.

Includere la SAM-e tra gli integratori assunti quotidianamente è, in effetti, una buona idea, perché la quantità di SAM-e che si ricava dalle fonti alimentari è veramente esigua. Ci sono due ragioni di ciò: per prima cosa, tutti gli organismi viventi producono una bassissima quantità di metionina attiva. In secondo luogo, la SAM-e, nella forma in cui essa è presente negli organismi viventi, è una molecola altamente instabile. Quando la carne viene conservata, sottoposta a processi di trasformazione o cucinata, la SAM-e subisce dei processi di disgregazione, per cui si decompone in altri composti e, di conseguenza, quando consumiamo le proteine provenienti dall’alimentazione, è molto improbabile che esse contengano una qualsiasi percentuale di SAM-e.

Nemmeno ingerire tante   proteine alimentari – che sono composte da aminoacidi  e contengono metionina, aumenta il livello di SAM-e nell’organismo. Sebbene il consumo di una dieta a basso contenuto proteico possa ridurre la capacità di sintesi della SAM-e da parte dell’organismo, l’ingestione di grosse quantità di proteine non aumenterà necessariamente la produzione di SAM-e e potrebbe anche avere delle reazioni negative, quali l’aumento dei prodotti di scarto derivanti dal processo di disgregazione proteica. Questo comporterebbe un ulteriore carico sul fegato e sui reni, organi che agiscono da filtro nei confronti di queste tossine.

Inoltre, l’aumento dei livelli di metionina nella propria dieta dovrebbe corrispondere ad un maggior apporto delle vitamine B6 , B12 e dell’acido folico, necessari per la trasformazione della metionina in SAM-e. E’ molto più semplice e sicuro assumere degli integratori di SAM-e che aumentare il proprio apporto proteico o ricorrere ad integratori di metionina.

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